Il service design, infatti, si pone come scopo ultimo quello di creare o avviare un processo di ragionamento attivo attraverso lo studio e l’analisi dell’esperienza attiva, utilizzando le osservazioni di interazione con tramiti più o meno tangibili.
Come possiamo definire il Service Design
Sebbene una definizione statica di questo movimento teorico non sia stata ancora raggiunta, in quanto in continuo cambiamento, è fondamentale dare una chiave di lettura operativa su quale sia il motore di questo tipo di consulenza.
Il service design, infatti, si pone come scopo ultimo quello di creare o avviare un processo di ragionamento attivo attraverso lo studio e l’analisi dell’esperienza attiva, utilizzando le osservazioni di interazione con tramiti più o meno tangibili. Questo implica un approccio interdisciplinare in cui la combinazione di numerose abilità nel design, management e ingegneria procedurale forniscano un valore aggiunto essenziale nell’economia contemporanea: spinta dalla conoscenza e dalla ricerca di creare un nuovo valore socio-economico nella società, per facilitare l’avvio o l’innovazione dei servizi rendendoli più utili, desiderabili o usabili per gli utenti mentre viene mantenuta l’attenzione anche sull’efficacia e l’efficienza per le organizzazioni, si avvia un processo di design in grado di tenere conto di tutti i punti focali sopra elencati, nonché dell’ambiente circostante e delle motivazioni più personali e profonde dei singoli individui, un processo, per definizione, olistico.
Da questa breve descrizione si andrà ad osservare quali sono i cinque principi chiave del processo di Service Design:
1. È Centrato sull’utente
2. È Co-Creativo
3. È sequenziale
4. È chiarificatore
5. È Olistico
Centrato sull’utente
Come è stato già anticipato, è fondamentale progettare il servizio per gli utenti e, per farlo, bisogna poter accedere ad un linguaggio comune da cui si potrà iniziare a costruire il processo.
Per fare ciò è fondamentale comprendere i bisogni dei propri utenti poiché, laddove si trovino due possibili clienti, nonostante possano sembrare uguali da un’ analisi delle caratteristiche socio-economiche, la verità è che potrebbero essere estremamente diversi: Le descrizioni statistiche del campione sono importanti, ma una comprensione delle abitudini, della società in cui vivono e della propria cultura organizzativa, nonché delle motivazioni che li spingono, sono cruciali.
Si deve mettere l’utente al centro del servizio di design e, per farlo, si ha bisogno di una genuina comprensione del cliente oltre alla semplice descrizione campionaria e alle analisi empiriche dei loro bisogni. Guadagnare un autentico insight sugli utenti include applicare metodi e strumenti che permettano al service designer di entrare nelle scarpe dell’utente e comprenderne l’esperienza individuale in modo più ampio. I servizi non possono essere quantificati, in quanto intangibili, ma possono essere misurati attraverso l’interazione con gli utenti e il loro grado di soddisfazione: per comprenderli e sfruttare al meglio il loro punto di vista è necessario avviare un tipo di costruzione co-creativa.
Co-Creativo
Mettere il cliente al centro del processo di Service Design può sembrare una scelta controproducente: analizzare gli utenti singolarmente mentre parlano o usano il servizio comprende infatti un nuovo tipo di difficoltà ossia affrontare la realtà che potenzialmente esiste più di un solo gruppo di utenti e, ogni gruppo, possiede differenti aspettative.
In più, in quest’ottica, quando si offre un servizio, si richiede anche di prendere in considerazione i vari stakeholders, quali lo staff e i manager, così come tutte le interfacce utilizzate, comprese quelle non umane quali siti web o piattaforme mobili. Da una singola proposta di servizio, quindi, si inizia ad includere un gran numero di attori. Perché si dovrebbero prendere in considerazione tutte queste variabili?
Far partecipare tutti gli attori compresi nel servizio favorendo l’emergere di nuove idee o di pareri su cosa si sta facendo, permette sia di analizzare differenti prospettive nella creazione, implementazione e prova del servizio sia, finita questa fase, di facilitare l’interazione fra gli stessi stakeholders, fondamentale per una soddisfazione sostenibile fra utenti e dipendenti e di attivare un processo di co-creazione in quanto, più gli utenti sentiranno come proprio questo servizio, più vi rimarranno fedeli per lungo tempo.
Un’ulteriore domanda che viene posta mentre si inizia a lavorare con i destinatari del servizio è: come si può essere sicuri che gli utenti abbiano compreso interamente ciò che si sta analizzando?
Per questo motivo si passa ad analizzare un terzo aspetto del Service Design: la sua sequenzialità.
Sequenziale
I servizi, infatti, sono processi dinamici che avvengono durante un certo periodo di tempo. Questa progressione temporale è cruciale da considerare quando si avvia una consulenza di Service Design in quanto il ritmo di un servizio influenza lo stato d’animo dell’utente. Ci si potrebbe annoiare se alcuni processi fossero troppo lenti o ci si potrebbe stressare se fossero troppo veloci.
Come rendere noto questo processo senza richiedere una preparazione professionale agli utenti intervistati? Per farlo basta immaginare un semplice esempio di servizio come ad esempio andare dal parrucchiere.
Ora cercate di immaginare il processo del servizio come un film: consisterebbe in una serie di immagini statiche poste in sequenza fra loro per creare una scena in movimento i Service Designer usano questa analogia per decostruire il processo di servizio in singoli touchpoint e interazioni con il servizio che, combinate tra loro, creano i service moment. Le interazioni con i touchpoint, a loro volta, possono essere ulteriormente differenziate in quanto hanno luogo in scambi di vario tipo quali ad esempio uomo-uomo; uomo-macchina; macchina-macchina, ma anche attraverso canali di terze parti come i social media.
In questo sistema vengono ulteriormente divisi i punti di contatto in macro categorie temporali, ognuna delle quali corrisponde ad una determinata fase dell’attivazione del processo: la scoperta del bisogno, pre-service, l’utilizzo vero e proprio, service, e il post-service ossia ciò che rimane agli utenti dopo l’uso.
Portare gli utenti a comprendere e utilizzare il servizio man mano che prende piede attraverso i vari touchpoint, favorendone uno svolgimento armonico, non è però sufficiente: laddove l’utenza trovi un valore aggiunto, l’organizzazione può scontrarsi con problemi insormontabili per lo staff. Per superare questo tipo di problemi, senza abbandonare nessuno dei punti di vista presentati è fondamentale mostrare, nei vari touchpoint, quale sia la componente attiva dell’utente, il front stage, ciò che può osservare direttamente e come l’organizzazione si muove per fornire quel determinato servizio, il backstage, in modo da poter fare chiarezza.
Chiarificatore
Nel background i servizi spesso non vengono notati, dal momento che alcuni di questi, sono creati appositamente per passare inosservati. Questo, sebbene venga spesse volte considerato uno scrupolo necessario, può risultare controproducente quando, arrivati al momento di saldare il conto, l’utente diventa conscio di questo tipo di processi del servizio e la loro mancata consapevolezza può creare una discrepanza con le loro aspettative iniziali, quali il prezzo da pagare, e causare un allontanamento dal servizio.
Le evidenze del servizio, come cartelli o voucher, possono prolungarne le sensazioni dell’esperienza attraverso le memorie, oltre il servizio stesso o il post-service. Utilizzare efficacemente questo tipo di ancoraggio può potenzialmente aumentare il numero di clienti leali e raccomandanti il servizio. In aggiunta, l’evidenza può spiegare alcuni aspetti di un touchpoint o di un processo che prima erano nascosti e sottovalutati. Spiegare o mostrare il perché vengono fatte determinate scelte può rinforzarle o può aiutare a svilupparle attraverso il processo di co- creazione.
Se spieghiamo agli attori i vari passaggi nei retroscena del film, essi potranno agire e rappresentare meglio sia quello che è stato pensato dagli autori sia ciò che è stato assimilato da questi sotto forma di aspettative. Quest’ultima affermazione rimanda al quinto punto chiave del Service Design: l’essere olistico.
Olistico
Nonostante i servizi siano intangibili essi hanno luogo in un ambiente fisico dove vengono utilizzati artefatti materiali e, nel farlo, viene generata, nella maggior parte delle situazioni, una qualche forma di risultato fisico poiché, inconsciamente, tutti gli utenti sperimentano con i propri sensi gli outcome del servizio.
Lavorare in maniera completamente olistica resta però un’illusione: è impossibile considerare ogni singolo aspetto del servizio. L’intenzione, comunque, dovrebbe sempre essere quella di osservare il campo più ampio possibile nel contesto in cui il servizio prende piede; a livello dei Touchpoint individuali e dei momenti del servizio, l’attenzione dovrebbe essere data all’ambiente in cui il servizio avviene poiché la coscienza di cosa l’utente potrebbe altrimenti percepire senza rendersene conto con i propri sensi può avere un impatto profondo sulle esperienze e sulle impressioni del servizio in sé.
Analizzando le sequenzialità del servizio, il focus dovrebbe essere analizzare e rappresentare touchpoint alternativi e approcci trasversali per comprendere nuovi punti di vista. Le sequenze cambiano e bisogna repentinamente catalogarle per garantire un’ottima user experience.
User Experience
È importante analizzare e rappresentare le sensazioni di utenti e stakeholders nelle varie fasi del processo senza dimenticare i valori, i limiti, gli assunti culturali e la mission del committente.
Qual è dunque l’apporto di una User Experience al modello già olistico del service design?
L’attenzione, in questa particolare pratica, è data dalla figura dello psicologo che, analizzando gli aspetti personali degli utenti e l’uso che viene fatto delle tecnologie, comprende e descrive il significato delle azioni svolte all’interno di una sequenza di eventi. Questo deriva da un forte assunto teorico: le tecnologie vengono adattate e utilizzate per gli scopi che vengono forniti dagli utenti.
Non si crea più cercando di definire il processo d’uso ma, seguendo un orientamento di Ergonomia Sociale, si progetta in base al senso che i gruppi sociali attribuiscono alle tecnologie interrogate e il loro uso: il valore degli strumenti non risiede più unicamente nelle caratteristiche tecniche ma nei corsi d’azione e nelle pratiche sociali in cui si radicano, entrando a sostegno delle attività quotidiane.
Un tipo di consulenza di User eXperience, in questo ambito, permette la progettazione di un processo di design coinvolgendo l’interattività fra gli utenti e i sistemi del servizio e si inserisce in un contesto organizzativo accompagnando l’innovazione e gestendo il cambiamento ad essa associato; crea così valore aggiunto nell’uso del servizio e lo rende più gestibile al committente stesso.
I designer visualizzano il momento in cui gli utenti decidono cosa sia il prodotto, definito design concettuale, carpendone le caratteristiche funzionali e i requisiti minimi, sviluppandone poi gli aspetti fisici, quali i dettagli dell’interfaccia, gli aspetti percettivi e le modalità di interazione.
Comments are closed.